IL DISEGNO DELLA COSTELLAZIONE
"CASSIOPEA"
SUL PROMONTORIO DEL CAPRIONE (LERICI,
LIGURIA)
(Calzolari Enrico, Gori Davide)
INTRODUZIONE.
Il promontorio del Caprione, ultimo promontorio della
Liguria verso oriente, si spinge verso il mare
con direzione pressoché indicante il sorgere del sole al solstizio
d’inverno (azimuth di 130°, un poco più aperto rispetto
all’azimuth di 123° con cui, sul mare e senza ostacoli, si può
scorgere il sorgere del sole al solstizio d’inverno).
In sostanza il promontorio è pressoché parallelo
all’andamento della nostra penisola ed i marinai greci, nelle indicazioni
per navigare verso la patria provenendo dal Mediterraneo occidentale,
spiegavano che bisognava tenere la prora verso il sorgere del sole al solstizio
d’inverno.
Il Caprione è sempre stato un punto di riferimento per
la navigazione preistorica e protostorica, perché ridossato
alle Alpi Apuane che fornivano un punto di riferimento, in lingua greca un
dromos o dromone, sul quale indirizzare il cammino con la prora
della nave.
Che il Caprione sia stato un punto notevole della navigazione
protostorica si può dedurre dal fatto che è uno degli ottomila
toponimi di cui il geografo Tolomeo abbia fornito latitudine
e longitudine. Ma non è per questo che nella preistoria il
Caprione.....
Sul Caprione si rinvengono cinque luoghi sacri
megalitici (significato letterale = grandi pietre), posizionati
secondo la figura della Costellazione di Cassiopea;
l’ubicazione dei siti è stata eseguita utilizzando la Carta Tecnica Regionale
del Comune di Lerici (1:5.000) con successiva conferma delle coordinate mediante
G.P.S. (Global Position System, Magellan, Pioneer).
Per cercare di comprendere più a fondo il limitato,
ad oggi, fenomeno megalitico ligure sono state presentate le risultanze delle
analisi geologiche compiute sul promontorio (Enrico Calzolari &
Davide Gori (1999) An archaeoastronomic open museum on the promontory
of Caprione, La Spezia. In Abstracts, Preistoria e Musei in Europa, 28-29
aprile 1999 Isernia, A.B.A.C.O. Edizioni M.A.C. S.r.l.,
Forlì.).
La linea metodologica seguita è così
riassumibile:
a) per provare l’esistenza di paleo-astronomia occorre
prima provare che esista presenza di megalitismo;
b) per provare che esiste megalitismo nel Caprione,
non potendosi far ricorso a reperti archeologici che solo campagne di scavo
potrebbero fornire si è fatto ricorso ad analisi geologiche che lasciano
supporre la presenza di un'azione antropica sui megaliti esistenti.
Giova a questo proposito proporre una distinzione semantica
fra le analisi archeologiche, che sono indirette in quanto non vengono svolte
sul megalite, ed analisi geologiche, che sono dirette, in quanto vengono
svolte sul megalite. Allo stato attuale delle ricerche in Italia questo tipo
di analisi non è riconosciuto come probante per porre vincoli di tutela
sui reperti in cui le analisi dirette hanno avuto esito positivo;
c) va precisato che con queste analisi non si può
procedere alla datazione del megalite, perché il metodo
dell’analogia per confronto visivo, accettato invece in archeologia, non
può essere fatto perché i reperti sono rari e mancano quindi
dati di raffronto;
d) l’eventuale datazione di reperti di paleo-astronomia
può essere fatta ricorrendo a calcoli computerizzati effettuati
con programmi che consentono di ricostruire con sufficiente precisione scenari
astronomici vecchi di 10 000 anni;
e) il fenomeno megalitico così analizzato deve
essere inteso nel senso letterale del termine, cioè come utilizzo
da parte dell’uomo di grandi pietre, e non come “religione delle sepolture
multiple in dolmen”.
Ciò che conferiva la valenza sacra al promontorio erano
le innumerevoli sorgenti d’acqua che in esso
scaturivano e che determinavano torrenti, cascate, acquiferi aperti e libere
superfici di scorrimento;esse potevano essere inondate di luce, luce che
poi veniva restituita per riflesso all’occhio dell’osservatore.
Le analisi geologiche hanno messo in evidenza una grande
quantità di forme carsiche riconducibili all’emergenza di moltissime
sorgenti.
L’ipotesi di una notevole abbondanza d’acqua sorgiva è
stata avvalorata da vari studi* sul paleoclima che mostrano come la
temperatura superficiale delle acque del Mar Tirreno fosse, fra il 6 000
B.C. ed il 2 500 a.C. (data calibrata) di 2° - 3° C più
bassa rispetto al precedente periodo (8 000 a.C. - 6 000 a.C.) determinando
così un ciclo d’estati più fresche e più umide
caratterizzate da abbondanti precipitazioni; dobbiamo anche ricordare che
questo fenomeno è stato fortemente amplificato dal low standing
marino che stava colmandosi dopo l'ultima glaciazione (siamo circa nel
5 000 a.C.).
Da ultimo ricordiamo che oggi, con una piovosità non
elevatissima, il livello statico della falda si attesta a circa 2 metri al
disotto del piano campagna.
Se si considera la grande importanza che l’acqua aveva per
l’uomo preistorico si può ben comprendere come il promontorio sia
legato al toponimo kaprum, espresso nella lingua osco-umbra, relativo
al sacrificio del “capro espiatorio”.
*(Kallen N. et alii, (1997) Temperature
and salinity records of the Tyrrhenian Sea during the last 18.000 years.
Elsevier Science, Paleogeography-Paleoclimatology-Paleoecology, 135, 97-108;
Zonnenveld Karin A.F., (1996) Paleoclimatic reconstruction of the
last deglaciation (18-8 ka B.P.) in the Adriatic Sea region; a land-sea
correlation based on palynological evidence. Elsevier Science, Paleogeography
- Paleoclimatology - Paleoecology, 122, 89-106.)
Ma cosa poteva rappresentare Cassiopea?
In via del tutto ipotetica, Noi proponiamo un'approccio
sciamanico.
Nella cosmogonia sciamanica era affermata la credenza che gli
spiriti degli uomini si formassero in una zona del cielo, che viene riconosciuta
come “costellazione-generatrice”; al termine della vita umana lo spirito
faceva ritorno nella “costellazione- generatrice”.
La forma con la quale gli spiriti ritornano alla "costellazione
generatrice" poteva essere un'uccello, una
farfalla oppure un'ape; ciò viene definito come "incarnazione
dell’anima che trasmigra" (embodiment of the principle of Transformation
- Streep P., 1994).
Fra le popolazioni asiatiche della Mongolia è tutt'oggi
viva la credenza religiosa che gli spiriti, prima di incarnarsi, nascano
in una costellazione, alla quale "ritorneranno" dopo la morte
(Rappenglück M., 1998).
Per il popolo dei Buriati la costellazione-generatrice
era ed è ancora la costellazione delle Pleiadi (De Toffol D. &
Bellatalla D. , 1997; Kalweit H. , 1996); per gli Egizi la
costellazione-generatrice era Orione, e lassù saliva lo spirito del
faraone, che, come scritto nel “Libro dei Morti”, si trasformava in una stella
di questa costellazione.
Per i Celti dell’età del ferro la costellazione-generatrice
era Orione, mentre per il popolo dei Sami della Lapponia le costellazioni
del Perseo e di Cassiopea formavano la loro mitica alce, archetipo del totem
sciamanico (Gaspani A. 1998).
Per la tribù australiana dei Wotjoballuk la
costellazione-generatrice era la croce del Sud (Di Cesare V., 1996)
mentre per i Maya era il Sagittario (Harris J.N., 1998).
Secondo Noi sul promontorio del Caprione la funzione di
"Costellazione generatrice" era svolta da Cassiopea.
ALLINEAMENTI MAGICO-RITUALI E DI NAVIGAZIONE.
La sacralità di questi siti, oltre che
dalla radice etimologica, è quindi confermata dall'analisi geografica,
che fa emergere strutture del paesaggio corrispondenti ai canoni dei rituali
della liturgia delle tribù preistoriche che consideravano l’unitarietà
del cosmo e l’unitarietà del territorio con la volta celeste e con i
fenomeni astronomici che in esso si potevano percepire, sia in termini visivi
di allineamenti azimutali con asterismi di orizzonte
sia in termini visivi di navigazione.
Sull'osservazione degli asterismi di orizzonte erano poi basati
i calcoli calendariali, sui quali erano scanditi i ritmi delle pratiche di
civiltà materiale (migrazioni, transumanze, semine, raccolti, cerimonie
di matrimoni, cerimonie di elezione di capi ecc.).
Citiamo, infine, due passi di autorevoli studiosi: "orientatio
is a procedure used to discover megalithic places" (Eliade M., 1976)
e "Social and ritual space of central European Neolitich societies was
carefully ordered and often incorporated astronomical alignments...
[wich] demonstrate that solar and lunar positions on the horizon
were of great importance in defining the location and alignments of important
structuring principles which introduce order in sacred and ritual space..."
(Iwaniszewski S., 1997).
Con questa comunicazione è nostro intento costituire
un punto di partenza per provare a comprendere e studiare la "cultura megalitica"
nella Liguria orientale, seguendo come massima la frase: "Osserva tutto quello
che puoi e riferisci tutto ciò che osservi".
In alcuni siti da Noi studiati, la sistematica presenza
di litotipi differenti, sovrapposti, in aree prive di frane, faglie e/o limiti
stratigrafici che potrebbero mettere a contatto rocce diverse, sembra dimostrare
l'opera dell'uomo nella creazione di strutture megalitiche (senza peraltro
avere la pretesa di poterle datare); bisogna ricordare che i "complessi"
studiati non sembrano presentare un'azione antropica
recente.
In altri siti le strutture da Noi studiate sembrano essere
"naturali"; ciò non sminuisce il significato che esse avevano per
gli uomini della "cultura megalitica" perchè per essi la "divinità"
era identificata con il mondo fenomenico naturale.
E' nostro convincimento che l'approccio geologico possa
aiutare a far luce sul fenomeno megalitico, in assenza di quei reperti
archeologici probanti ossia in stratigrafia (ceramica, strumenti litici,
ecc.) che finora, in mancanza di campagne di scavo, non sono ancora
emersi.
Purtroppo nel mondo scientifico si è molto inclini
a costruire muri intorno alle proprie discipline; per coloro che non hanno
cambiato campo di ricerca, essere partecipi di un'impresa fortemente
interdisciplinare come l'archeoastronomia presenta forse una sfida ancor
più grande, quella di essere coscienti della non-superiorità
del proprio punto di vista, di essere sufficientemente coraggiosi di ammettere
le proprie deficienze quando si entra in un nuovo campo, ed essere pronti
ad ascoltare quello che hanno da dire coloro che già lavorano in questo
campo.
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