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               POSTER SESSION  
                XVII VALCAMONICA SYMPOSIUM 1999 
                
               La Farfalla, simbolo 
                di Morte, trasfigurazione e ritorno alla costellazione-generatrice 
                nelle tradizioni del Vecchio e del Nuovo Mondo.
               L'occasione 
                allo studio dell'immagine della farfalla è emersa durante 
                gli studi di archeoastronomia nel promontorio del Caprione. Studiando 
                gli allineamenti di un Quadrilithon (termine di nuova coniazione, 
                derivante da un trilithon completato in basso da una grande pietra, 
                posta trasversalmente ai due ortostati, atta a modellare figure 
                di luce, quale primo rudimentale archetipo del nostro proiettore 
                per diapositive) è stata osservata una figura di luce dorata. 
                Dell'esistenza di questo fenomeno è stata fatta comunicazione 
                al Third Annual Meeting della E.A.A. (European Association of 
                Archeologists, Ravenna, settembre 1997). La figura di luce allora 
                presentata, sia nella comunicazione sia nel poster, era stata 
                interpretata come una "M" di luce, e quindi era stata 
                assimilata all'ideogramma della costellazione Cassiopea, facendo 
                così rientrare il fenomeno nel campo esclusivo della archeoastronomia. 
                Era infatti avvenuto che nei giorni in cui è possibile 
                effettuare l'osservazione del fenomeno (tre giorni prima e tre 
                giorni dopo il solstizio d'estate) vi fosse tempo atmosferico 
                perturbato, con banchi di nubi sulla Provenza, che impedivano 
                la formazione della parte bassa dell'immagine, lasciandola sfumata. 
                Le osservazioni compiute nel successivo periodo solstiziale hanno 
                invece permesso di rilevare l'immagine di luce completa, ed è 
                stato così possibile mostrare nel Valcamonica Symposium 
                1998 l'immagine della farfalla di luce dorata, nel contesto della 
                comunicazione a tema: "L'impronta della costellazione Cassiopea 
                nel Caprione".  
                L'immagine è stata quindi mostrata al Convegno di Isernia 
                dell'aprile 1999 su "Preistoria e musei in Europa". 
                In quell'occasione l'archeologo rumeno Gheorghe Lazarovici, dopo 
                aver visto la proiezione della farfalla ci ha mostrato l'immagine 
                del santuario neolitico di Parta (Fig. 1) in cui, nella parete 
                posta ad ovest, esiste una apertura circolare che proietta la 
                luce verso la parete opposta, ove sono posti gli altari con le 
                teste di toro, ravvisando in ciò una identità di 
                applicazione di liturgia della "penetrazione della luce" 
                (Lazarovici G., 1998).
                
              
  L'immagine 
                della farfalla è inserita nel contesto degli studi di archeoastronomia 
                che interessano il promontorio del Caprione (etimologia dalla 
                voce osco-umbra kaprum = il capro espiatorio) posto nella Liguria 
                orientale, di fronte alle Alpi Apuane. Entrambi questi siti hanno 
                messo in luce la presenza del culto della costellazione-generatrice 
                Cassiopea, in quanto il Gruppo Archeologico Pisano ha recentemente 
                scoperto nel Monte Sagro (etimologia latina da sacrum) una figura 
                di Cassiopea formata da cinque coppelle. Il contesto di inserimento 
                è stato quindi quello della tradizione sciamanica del Neolitico 
                europeo.
               L'immagine 
                della farfalla nel contesto del Neolitico europeo. 
               
               L'inserimento 
                dell'immagine della farfalla nel contesto del Neolitico europeo 
                è avvenuto a seguito dell'analisi della statuetta riportata 
                alla luce nel villaggio neolitico di Passo di Corvo (Foggia) datata 
                5 500 +/- 200 anni a.C.; di questa statuetta hanno scritto Santo 
                Tiné (1983) e Marija Gimbutas (1990). La statuetta rappresenta 
                una sciamana in stato di trance, con berretto di tipo caucasico, 
                collana, occhi socchiusi in atteggiamento ieratico, traccia di 
                ocra rossa sotto una narice. Sotto i due seni sono rappresentate 
                due immagini a zig-zag e due figure formate da due triangoli opposti. 
                E' interessante effettuare una analisi comparata di come i due 
                studiosi hanno interpretato il reperto: 
                a) Gimbutas indica che la statuetta indossa una maschera; 
                b) Gimbutas riconosce la M come segno derivante dal geroglifico 
                egiziano mu, che significa acqua; 
                c) Gimbutas riconosce la farfalla, come simbolo di rigenerazione; 
                d) Tiné riconosce che la statuetta ha un segno di ocra 
                rossa sotto la narice e deduce che tutta la statuetta sia stata 
                ricoperta originariamente di quel colore; 
                e) Tiné riconosce nella statuetta una divinità femminile, 
                forse la Dea Madre, o forse che sia stata una statuetta ad essa 
                dedicata; 
                g) Tiné riconosce nei segni a zig-zag delle bisce d'acqua; 
                h) Tiné riconosce che il personaggio è in un atteggiamento 
                ieratico. 
                Per addivenire ad una lettura completa del reperto, utile per 
                meglio collocare la figura della farfalla nel suo contesto cosmogonico, 
                è necessario tenere presente: 
                1) che la traccia di ocra rossa sotto la narice sta a significare 
                la perdita di sangue dello sciamano in stato di trance (Solomon 
                A., 1997Leroi-G. A., 1970); 
                2) che le due figure a zig-zag non sono simmetriche, ma hanno 
                un lato più lungo dell'altro e quindi non possono esser 
                lette alla stregua delle altre figure che Marija Gimbutas mostra 
                nel suo libro, e cioè come segno di acqua; 
                3) che le due figure hanno un lato più lungo dell'altro, 
                come la costellazione Cassiopea, ed inoltre sono speculari, come 
                la costellazione Cassiopea, che nel suo movimento nel cielo muta 
                conformazione da M a W; 
                4) che nella cosmogonia sciamanica il significato che Marija Gimbutas 
                attribuisce alla farfalla, simbolo di rigenerazione, ha bisogno 
                di essere completato con l'elemento della costellazione-generatrice 
                degli spiriti umani, in quanto gli essere umani sono "relativi 
                alle creature del cielo" (Rappengluck M., 1998).  
                Lo studioso spezzino Davide Bellatalla che ha compiuto molti viaggi 
                ed ha soggiornato a lungo nella tribù degli Aghin-Buriati 
                conferma ancora oggi il permanere di questa cosmogonia. L'uomo 
                ha da sempre cercato di comprendere il mondo che lo circonda ed 
                ha costruito astrazioni capaci di collegare tutti gli aspetti 
                della realtà. Il tema biunivoco Morte-Resurrezione appartiene 
                alla visione dualistica della realtà che si può 
                cogliere nelle seguenti osservazioni: luce-tenebre, maschio-femmina, 
                sole-luna, sorgere-tramonto, stasi-movimento, grande-piccolo, 
                i due occhi, le due orecchie, le due mani, i due seni, le due 
                braccia, i due glutei, le due gambe, le due narici ecc.). 
                Da ciò emerge chiara l'importanza del concetto dualismo-specularità 
                e quindi l'uso di immagini speculari nella statuetta assume un 
                significato sciamanico profondo. Sull'attribuzione alla figura 
                della farfalla del significato di rigenerazione, di trasformazione, 
                o meglio dello spirito che trasmigra verso la costellazione-generatrice, 
                concorda anche lo studioso inglese Peg Streep, il quale scrive: 
                "Marija Gimbusta holds that the butterfly is the embodimet 
                of the principle of Transformation" (Streep P.,1994). L'autore 
                individua l'immagine della farfalla nella civiltà di Çatal 
                Hüyük, sito della Anatolia fiorente dall'VIII al VII 
                millennio a.C., ove la Dea Madre è rappresentata in pitture 
                parietali con combinazioni di crisalidi, farfalle e mani umane 
                Egli individua ancora l'immagine della farfalla a Knosso (Creta) 
                ove la Dea Madre è rappresentata, nella sua epifania di 
                Dea della Rigenerazione, da una farfalla che sorge da un toro 
                sacrificato (the butterfly that rises from the body of the sacrifical 
                bull). Egli ritiene che la similitudine fra la farfalla e il "doppio 
                asse" complichino il riconoscimento di entrambi gli ideogrammi, 
                per lo meno nei reperti della civiltà minoica, perché 
                la stessa Gimbutas sostiene che il "doppio asse" sia 
                in origine una clessidra che simboleggia la Dea Madre come divinità 
                della Morte e della Rigenerazione (originally an hourglass-shaped 
                Goddess of Death and Regeneration). Egli ritiene che di tutti 
                i simboli della civiltà Minoica che rappresentano la Dea 
                Madre il "doppio asse" sia il più pervasivo, 
                ma ciò non annulla il riconoscimento del complesso significato 
                connaturato nella farfalla che esce dal corpo del toro sacrificato. 
                Un riconoscimento del valore di rigenerazione-rinascita di questa 
                simbologia del "doppio asse" si trova anche nello "Annuario 
                dell'Associazione per la Ricerca Comparata delle Incisioni Rupestri"(Jahrbuch 
                1985/1986) a titolo "Incisioni rupestri e costellazioni - 
                La completa conoscenza" curata dal Gruppo di Lavoro dell'Associazione 
                GE-FE-BI (Graz, Austria) dove gli autori scrivono: "Due triangoli 
                contrapposti possono anche essere intesi come segno di rinascita, 
                qui per gli allineamenti del sole all'alba ed al tramonto dei 
                solstizi" venendo così a determinare un sincretismo 
                fra il fatto astronomico (la direzione del sorgere del sole al 
                solstizio di inverno è opposta alla direzione del sole 
                che tramonta al solstizio d'estate e viceversa) e l'ideogramma 
                metafisico-energetico che più tardi entrerà nella 
                tematica nordica della runa Dagaz (gotico Dags, inglese antico 
                Daeg) la runa della catalisi, simbolo del giorno (essenza essoterica) 
                e della notte (essenza esoterica) (Cotterel A.,1980). 
                Marija Gimbutas (Gimbutas M., 1990) presenta inoltre la simbologia 
                della farfalla che esce dal bucranio, ripresa da una pittura parietale 
                di Çatal Hüyük, datata 6 500 a.C. (Santuario 
                A VI, 6) ed interpretata come Epifania della Dea Madre in veste 
                di Dea della Rigenerazione. "Che gli insetti, api e farfalle, 
                uscissero dalle carcasse di animali, era un fatto misterioso per 
                le popolazioni preistoriche, che ha lasciato ancora traccia negli 
                scritti di Ovidio, Porfirio e Virgilio".  
                Gimbutas presenta anche la farfalla abbinata a vortici che si 
                trova nei vasi della Ceramica Lineare dell'Europa centrale (Boemia, 
                5 500 a.C.). Una farfalla geometrizzata viene rappresentata sia 
                all'interno sia all'esterno di un vaso datato 5 000 a.C., rinvenuto 
                a Statenice (Boemia). Per il periodo Tardo Minoico Gimbutas presenta 
                una farfalla antropomorfa, contornata da vesciche di pesce, che 
                si rinviene nella decorazione di una brocca proveniente dalla 
                parte meridionale di Creta, datata 1400 a.C.; l'immagine di una 
                divinità metà farfalla e metà donna, con 
                braccia levate, è individuata in un vaso proveniente da 
                Mochlos, dello stesso periodo. Farfalle disegnate su sarcofaghi 
                si ritrovano nella tradizione della Creta occidentale, ma la più 
                completa e intera rappresentazione della "resurrezione come 
                mistero arcaico" è rappresentata nel pithos, datato 
                XVI sec. a.C., proveniente da Pseira (Creta orientale):"una 
                farfalla a forma di bipenne con una testa a cerchi concentrici 
                emerge da un recipiente votivo; essa ha ai lati piante e teste 
                di toro complete di corna, dal cui centro emergono farfalle dalla 
                testa di giglio" (Gimbutas M., 1990, fig. 430). Anche per 
                i Celti di Francia e Irlanda le anime dei morti si tramutavano 
                in farfalle ed ancora oggi, in opere d'arte religiose provenienti 
                da paesi di cultura celtica, gli angeli sono sovente rappresentati 
                con ali di farfalla. Anche nel culto dionisiaco si ritrova la 
                farfalla; il dio viene sia ucciso sotto le sembianze di caprone, 
                sia viene bruciato sotto forma di farfalla, per poi risorgere. 
                Un interessante bassorilievo su questo tema si rinviene nelle 
                sale dei Musei Vaticani. A dimostrazione del collegamento misterioso 
                della farfalla con la morte Gimbutas cita i termini greco, germanico 
                e slavo di mora - mara - morava che significano sia "incubo" 
                sia "farfalla". Occorre notare che nella lingua greca 
                il termine psiché significa egualmente "spirito", 
                "anima umana", e "farfalla". Che questa tradizione 
                mediterranea sia giunta fino a noi e sia stata innestata nel Cristianesimo 
                lo si apprende da una tradizione ancora presente in Puglia, ove 
                le piccole farfalle bianche, dette "palombelle" vengono 
                indicate come "anime del Purgatorio" che trasmigrano 
                (Romeo Frigiola, comunicazione personale, 1998). Nella lingua 
                italiana la simbologia della "angelica farfalla" è 
                stata anche immortalata da Dante nella Divina Commedia. Una incisione 
                con farfalla è presente fra le innumerevoli incisioni della 
                Val Camonica. Trattasi della roccia 27 di Foppe di Nadro, che 
                rappresenta una divinità antropomorfa con le braccia alzate, 
                a similitudine dell'immagine del vaso di Mochlos, di cui sopra 
                riportato (dal volume "I Camuni alle radici della civiltà 
                europea", 1982). 
                 
              L'immagine 
                della farfalla nel continente americano. 
              Durante la "Oxford VI 
                & SEAC 99 Conference on Astronomy and cultural diversity" 
                il tema della farfalla è emerso nella comunicazione del 
                Prof. Carlos A. Gonzalez Vargas della Universitad Catòlica 
                di Santiago de Chile, a tema: "Insights on Mapuche Astronomy: 
                past and present". 
                Egli ha analizzato i codici grafici associati con i pezzi di ceramica, 
                legati a simbologie calendariali. Nella disamina ha mostrato le 
                immagini di farfalle disegnate nei vasi ed in particolare un piatto 
                che ha quattro farfalle di color rosso poste all'estremità 
                di due bracci ortogonali che rappresentano i punti cardinali, 
                o meglio lo spazio suddiviso da essi, cioè il concetto 
                corrispondente al templum nella religione etrusca. 
                Nella sua comunicazione 
                egli ha considerato queste immagini come influssi di sistemi astronomici 
                ancestrali. Avvicinato personalmente dopo la sua comunicazione, 
                alla domanda se le popolazioni contadine abbiano credenze associabili 
                al tema della farfalla, egli mi ha comunicato che ancora oggi, 
                in ambiente cattolicizzato, si associa il tema della farfalla 
                alle anime purganti. Continuando a fare sondaggi presso gli studiosi 
                presenti in quel convegno è stato possibile sapere che 
                in Messico esiste la tradizione di dipingere una farfalla di colore 
                rosso sulla schiena dei defunti, come viatico dell'aldilà 
                (Eve Ewing, comunicazione personale, 1999). Cercando di avere 
                conferme di ciò, ho potuto sapere che nel deserto di Sonora 
                la farfalla è considerata alla stregua del nostro angelo 
                custode (Roberto Chiari, comunicazione personale, 1999) mentre 
                in Ecuador le farfalle di color nero rappresentano le anime dei 
                morti che trasmigrano. 
                Trattando della presenza della farfalla nel continente americano 
                il Prof. Gonzalez Vargas ha escluso che si possa pensare a migrazioni 
                venute per via marittima, ma non ha escluso che si possa pensare 
                ad una migrazione avvenuta in epoche glaciali, attraverso lo Stretto 
                di Bering. In questo senso si potrebbe considerare l'immagine 
                della farfalla come facente parte di una cosmogonia sciamanica 
                del Paleolitico che dalla Siberia si sia diffusa a sud fino all'Anatolia, 
                al Mediterraneo e all'Europa centrale e attraverso lo Stretto 
                di Bering sia passata nel Nord America, e di qui fino Sud-America. 
                 
                Sulla presenza dello sciamanismo nel periodo Paleolitico (dal 
                30 000 a.C. al 9 000 a.C.) sono stati presentati contributi consistenti 
                nel corso del Valcamonica Symposium 1998 (Meschiari M. - Rappengluck 
                M. - Ries J., 1998). 
                Gli elementi costitutivi di questa cosmogonia, che rispondono 
                all'idea fondamentale per l'uomo di collegare in un unicum logico 
                il cielo con la Terra sono: 
                a) la tripartizione dell'essere umano in spirito-anima-corpo (Mircea 
                Eliade, 1974, 1976 per l'Eurasia - Mario Polia, 1999 per l'America 
                Meridionale); 
                b) la formazione degli spiriti degli uomini in una zona del cielo, 
                che viene riconosciuta come "costellazione-generatrice", 
                c) il ritorno alla "costellazione-generatrice" dopo 
                la vita terrena; 
                d) la farfalla è l'incorporazione dello spirito che ritorna 
                alla "costellazione-generatrice";  
                e) lo sciamano o la sciamana sono gli uomini che hanno la possibilità 
                di mettersi in contatto con gli spiriti dei trapassati che sono 
                nella "costellazione-generatrice" e di guidare il viaggio 
                della farfalla verso questa costellazione; 
                f) ogni tribù ha una propria costellazione-generatrice, 
                rappresentata dalle Pleiadi per i Buriati (De Toffol D. & 
                Bellatalla D., 1997, Kalweit H., 1996) da Orione per gli Egizi 
                (Hancock G.,1995) e per i Celti dell'età del ferro (Gaspani 
                A.,1998), dal Sagittario per i Maya (Harris J.N., 1998) dalla 
                Croce del Sud per la tribù australiana dei Wotjoballuk 
                (Di Cesare V., 1996) dalla costellazione Cassiopea - che formava 
                le corna della mitica alce - e dalla costellazione del Perseo 
                - che ne formava il corpo e le zampe - per il popolo dei Sami 
                della Lapponia (Gioanetto F.O., 1999). 
                Nel corso del suo intervento al Valcamonica Symposium 1998 il 
                dr. Michael Rappengluck, nello studiare la cosmogonia del Pozzo 
                di Lascaux (16 500 a.C.) la ha paragonata al mito egiziano di 
                Dewen-anwi, il dio con la testa di falco, che cerca di uccidere 
                Meskhetiu, il bovino, identificando queste figure mitiche con 
                le costellazioni attuali del Cigno e dell'Orsa Maggiore. 
              
                 
              
                
                 
                
                
                
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